Gli italiani preferiscono i brand sostenibili: il sondaggio di Google
Per i brand è il momento di mostrarsi concreti e attenti all’ambiente
7 Ottobre 2022
Alla sostenibilità si guarda con un’attenzione crescente, complici la maggiore preoccupazione sulla salute (probabilmente aumentata con la pandemia), i problemi climatici evidenziati dalla rovente estate appena trascorsa, e il caro-bollette, che ha buttato sotto gli occhi di tutti la necessità delle energie sostenibili. I consumatori non si accontentano più del prodotto etichettato “green”, chiedono di più. Un sondaggio condotto da Google per il mercato italiano a febbraio 2022, ha mostrato che la ricerca della parola “sostenibilità” è aumentata, sottolineando un’attenzione maggiorata circa l’argomento per 1/3 degli intervistati. Il 31% dei consumatori pensa che, nello shopping, il fattore sostenibilità sia da preferire al design e allo stile.
Gen Z e sostenibilità
Tra gli intervistati compresi nella fascia di età 18-24 anni la percentuale di coloro che ritengono la sostenibilità il primo fattore determinante per l’acquisto sale al 37%. In particolare, l’83% di loro ritiene giusto l’affermazione di un’economia green, nel 40% dei casi si ritiene che i costi per avere dei prodotti eco-sostenibili dovrebbero essere supportati dalle aziende. Secondo il sondaggio IPSOS 2022, i giovanissimi inseriscono l’ambiente e la sostenibilità al primo posto tra le 7 azioni prioritarie per il futuro. Secondo i dati di First Insight, 3 zoomer su 4 considerano elemento determinante per la scelta di un marchio il comportamento sostenibile di quest’ultimo. Non è una caso che alla guida di due tra i movimenti più attivi del momento ci siano dei giovanissimi, “Fridays for the future” di Greta Thunberg e “U-recycles initiative” di Oluwaseyi Moejoh.La necessità di una comunicazione trasparente e certificata
Il 74% degli intervistati del sondaggio Google desidera un’informazione più trasparente, in grado di dipanare i dubbi e di aiutarli a compiere le proprie scelte di acquisto. Quasi il 50% delle interviste, infatti, mostra che, per i consumatori, la mancanza di una comunicazione chiara è un ostacolo all’acquisto, ancor più che la qualità del prodotto. La comunicazione si presenta dunque come una leva da sfruttare da parte dei marketer per affermare il comportamento sostenibile dell’azienda. La produzione, spesso, genera nell’opinione pubblica il cosiddetto effetto della “scatola nera”, il fatto di non essere a conoscenza dei processi produttivi realizzati all’interno dell’azienda, porta a credere che essi siano particolarmente inquinanti e dannosi. L’impegno dell’azienda acquista maggiore credibilità, dunque, se convalidato da certificazioni esterne accreditate. La norma ISO 14020 cita quali sono le categorie di comunicazione che un’azienda potrebbe seguire:- Etichetta I: segnala l’eventuale migliore performance del prodotto rispetto ai concorrenti
- Etichetta II: auto-dichiarazione dell’azienda stessa circa il proprio comportamento sostenibile
- Etichetta III: si tratta di Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD), ossia sintetici documenti che riportano il profilo completo del prodotto (risultati numerici dell’impatto ambientale, riciclaggio, consumo di energia…)
Attenzione alla trappola del Greenwashing
Il neologismo inglese, formato dalle parole green (verde) e washing (imbiancare, mascherare), indica la condizione in cui un’azienda impiega le proprie risorse per comunicare un comportamento sostenibile che non corrisponde ad un reale e concreto impegno nel ridurre l’impatto ambientale. La Commissione Europea nella “Guida all’applicazione della Direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali” definisce la pratica come “appropriazione indebita di virtù ambientaliste finalizzate alla creazione di un’immagine verde”. È un modo per ripulire la propria immagine di facciata in modo semplice, presentandosi proprio come desiderato dai consumatori. LEGGI ANCHE: Basta Greenwashing: perché il tuo business deve essere davvero sostenibile- non fornisce informazioni relative a dati e statistiche circa l’impatto ambientale del prodotto o dell’azienda
- enfatizza una singola caratteristica del prodotto, o un unico processo aziendale, considerandola sufficiente per definirsi “green”
- assenza delle certificazioni ISO, ci si basa esclusivamente sull’autocelebrazione, enfatizzando il proprio atteggiamento
- utilizza linguaggi tecnici e complessi, non comprensibili alla maggior parte dei cittadini
- utilizza colori e immagini evocativi dell’aspetto verde.