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  • Personalizzazione e digitalizzazione: come è cambiato il welfare aziendale dopo la pandemia

    Sul panorama in evoluzione abbiamo chiesto un commento ad Anna Maria Mazzini, Chief Growth Officer di Sodexo Benefits & Rewards Services Italia

    16 Dicembre 2022

    Come mai è stato prima, il mondo del lavoro gode in questo periodo di una notevole attenzione. Sono soprattutto le tematiche legate al benessere della persona a farla da padrone: le ondate di manifesta insoddisfazione che sono partite dagli USA per espandersi a macchia d’olio nel vecchio continente hanno monopolizzato le conversazioni online e offline, cavalcando l’onda della viralità social per entrare nelle nostre conversazioni di tutti i giorni. Abbiamo ampiamente discusso e considerato i fenomeni per i quali un certo numero di lavoratori, soprattutto della Gen Z, hanno iniziato a diffondere sui social (TikTok, tra i più utilizzati) una sorta di festeggiamento pubblico per aver abbandonato il lavoro. Così, il termine Great Resignation è entrato a far parte del nostro vocabolario professionale grazie anche al tam tam mediatico che, a torto o a ragione, si è sviluppato intorno al tema della rinuncia al posto di lavoro alla ricerca di migliori condizioni. giovani che cercano lavoro LEGGI ANCHE: Gli ex dipendenti di Meta e Twitter si sfogano su TikTok dopo il licenziamento Sebbene l’onda anomala delle dimissioni di massa sia poi risultata decisamente ridimensionata in alcuni contesti locali, come in Italia, la questione della felicità del lavoratore continua a tenere banco, grazie anche alla successiva evoluzione delle Grandi Dimissioni in quell’attitudine che viene definita Quiet Quitting. In contrapposizione all’Hustle Culture, che promuove uno stile di vita totalmente orientato al lavoro e alla carriera, i sostenitori del Quiet Quitting tendono a circoscrivere l’impegno lavorativo allo stretto necessario, eliminando deroghe all’orario stabilito e rifuggendo gli straordinari, in modo da dedicare più energie (e tempo) alla dimensione personale della vita, agli affetti, alle passioni. A tutto quello che, in sostanza, non attiene alla vita professionale.

    La riduzione dell’orario di lavoro e il lavoro ibrido

    Tra le proposte che puntano a mantenere uno standard elevato di produttività venendo incontro alle esigenze di un maggior equilibrio tra vita e lavoro delle persone, si registrano diversi tentativi di spalmare gli impegni professionali su un periodo più breve, mantenendo inalterati i compensi. Il Financial Times ha riportato l’esperienza di quattro aziende che hanno aderito a un periodo di sperimentazione, promosso dalla non-profit 4 Day Week Global. Tra i benefici riscontrati, un migliore equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, senza intaccare la produttività, ma anche benefici sociali più ampi, come una maggiore uguaglianza di genere e una riduzione dell’impronta di carbonio dei lavoratori. I detrattori temono, invece, conseguenze da burnout o l’erosione della cultura del posto di lavoro. La questione si allarga a uno dei temi che ha condizionato il rientro al lavoro al termine dell’emergenza sanitaria: la necessità (o meno) della presenza fisica sul posto di lavoro. L’esperienza legata al lavoro da remoto, resa necessaria dalle restrizioni relative al lockdown, ha fortemente condizionato il modo di intendere l’esecuzione delle proprie mansioni, svincolandolo, in gran parte dei casi, dall’esigenza della presenza negli spazi delle aziende. In particolare, l’erogazione dei servizi ha potuto beneficiare di una spinta già in atto, che le impreviste condizioni hanno agevolato: la trasformazione della misurabilità del lavoro dal numero di ore al raggiungimento degli obiettivi. Se è vero, da un lato, che il termine Smart Working è stato spesso erroneamente utilizzato per identificare il lavoro da remoto, oggi si va ridisegnando un assetto più puntualmente legato alle prestazioni che consenta al lavoratore di svolgere le sue funzioni, tutte o in parte, in luoghi diversi da quelli delle sedi aziendali. Forme di lavoro ibrido, da remoto o smart, iniziano a diventare gradualmente diffuse nella quasi totalità delle organizzazioni.

    Welfare aziendale: flessibilità e benefit come leva per la felicità

    Migliorare le condizioni di lavoro e, in generale, la soddisfazione del proprio team è diventata quindi un’esigenza indispensabile per le organizzazioni di ogni dimensione, soprattutto dopo l’emergenza sanitaria del COVID-19 che ha portato le persone a mettere in discussione le proprie priorità e a stabilire una diversa scala di valori. Il punto può quindi diventare non tanto “lavorare meno”, quanto lavorare meglio: essere ugualmente produttivi e soddisfatti dell’equilibrio raggiunto vivendo le ore lavorative non come un pesante fardello ma come parte integrante della propria giornata. In questa direzione, il welfare aziendale assume un ruolo fondamentale, perché in grado di fornire alle persone strumenti (non esclusivamente economici) in grado di agevolare questo percorso. La soluzione si rivela particolarmente vincente grazie anche ai diversi vantaggi fiscali previsti che permettono alle aziende di distribuire ai lavoratori queste occasioni senza gravare sul bilancio. Sul panorama in evoluzione e sulle possibilità offerte dalla rapida digitalizzazione dei processi aziendali, abbiamo chiesto un commento ad Anna Maria Mazzini, Chief Growth Officer di Sodexo Benefits & Rewards Services Italia. welfare aziendale - anna maria mazzini sodexoRagionare circa lo scenario attuale del welfare aziendale in Italia significa considerare i cambiamenti che il mondo del lavoro ha vissuto e continua a vivere in seguito alla pandemia. La necessità di rivedere consuetudini e prassi consolidate a favore di nuovi processi, modalità di interazione, gestione degli spazi e della presenza in ufficio ha impattato anche le priorità e gli stili di vita dei lavoratori. Ecco, dunque, che il concetto stesso di welfare e la sua funzione hanno necessità di intercettare queste nuove esigenze ed evolversi di conseguenza“, ci ha detto.

    Benefit aziendali e work-life balance

    Quando parliamo di benefit aziendali è consueto riferirsi ai fringe benefit più comuni, come i buoni pasto, ma il panorama e l’offerta che le aziende mettono a disposizione dei propri lavoratori è cambiato e si è enormemente ampliato negli ultimi anni, subendo una forte accelerazione proprio dal contesto pandemico. Secondo il 5° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, la pandemia ha modificato il rapporto delle persone con la propria occupazione e oltre l’85% dei dipendenti oggi manifesta la richiesta alla propria azienda di un numero maggiore di servizi di welfare mirati a raggiungere un migliore equilibrio tra lavoro e vita professionale. Proprio per questo, il welfare aziendale non punta più, soltanto, a fornire un beneficio economico al dipendente e alla sua famiglia; l’obiettivo è quello di rendere la sua vita migliore nel complesso. In questa direzione, i benefit aziendali possono comprendere, ad esempio, una previdenza complementare ma anche la possibilità di godere di viaggi ed esperienze tra le più disparate (alcuni esempi? un tour in mongolfiera o un soggiorno in strutture termali), ma anche abbonamenti in palestre o piscine e centri sportivi. Ma nell’accelerazione dei servizi di welfare aziendale che ha visto nella pandemia il driver principale, gioca un ruolo centrale la digitalizzazione dei servizi offerti. “Sono due in particolare le parole chiave con cui, come Sodexo BRS Italia, analizziamo le dinamiche e i trend che stanno attraversato il settore e che ne definiranno il futuro: la necessità di una forte e sempre più marcata digitalizzazione dei servizi e la richiesta di una maggiore flessibilità nell’utilizzo di questi da parte dei loro fruitori“, ha sottolineato Anna Maria Mazzini. Il vantaggio della digitalizzazione dei benefit aziendali è duplice: da un lato garantisce una maggiore flessibilità del beneficio, che può essere costruito su misura dall’utilizzatore grazie a una maggiore possibilità di scelta e personalizzazione. Dall’altro, migliorare la qualità generale dell’esperienza offerta “Rispetto al tema della digitalizzazione, riscontriamo ancora una mancata corrispondenza tra competenze digitali degli utilizzatori e le tecnologie dei prodotti e servizi legati al welfare. Da un lato, infatti, abbiamo dipendenti con una consolidata esperienza di utilizzo di applicazioni e servizi digitali innovativi, dall’altro servizi di welfare aziendale che spesso non riescono a rimanere al passo con queste dinamiche di cambiamento e che risultano poco fruibili o caratterizzati da una user experience di scarsa qualità“.

    Diversificazione e digitalizzazione nel welfare aziendale

    Diversificare l’offerta di possibilità di benefit per il lavoratore sembra quindi la strada giusta per allontanare “gli spettri” delle distorsioni come Great Resignation e Quite Quitting. Ma non solo: rendere fruibile questa offerta diversificata su piattaforme digitali in grado di consentire una personalizzazione delle agevolazioni, economiche o meno, può agevolare un percorso di soddisfazione personale delle persone all’interno delle aziende. “È necessario ragionare su un nuovo modo di concepire l’intero ecosistema dei servizi di welfare, come ad esempio i portali e le app, in un’ottica full digital, per venire incontro alle esigenze dei lavoratori. Per quanto riguarda la flessibilità, in azienda ormai oggi le soluzioni più apprezzate sono quelle flessibili, pratiche e soprattutto che garantiscono massima libertà di scelta ai dipendenti in un’ampia gamma di settori, dall’abbigliamento, all’elettronica, ai viaggi e molto altro“.