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  • Cookieless ready: come prepararsi alla deprecazione dei cookie di terza parte

    Chrome smetterà di supportarli dalla seconda metà del 2024 e sarà necessario trovare una soluzione

    13 Novembre 2023

    È ormai da qualche anno che nel mondo digitale si parla di una rivoluzione imminente: la deprecazione dei cookie di terza parte da parte di Google Chrome. Mentre il momento si avvicina una domanda cruciale si fa strada: che cosa significa essere cookieless ready e come ci si prepara alla deprecazione dei cookie di terza parte?

    Prima di scendere nel dettaglio delle soluzioni che possono venire in soccorso degli advertisers, è importante mettere in chiaro alcuni punti.

    Qual è il panorama digitale in cui ci muoviamo? Quali sono i cambiamenti che si prospettano? E come possiamo affrontarli?

    LEGGI ANCHE: Cookie di terze parti: cosa sono e soluzioni per l’advertising

    Cookie: che cosa sono

    I cookie (letteralmente biscotti) sono degli strumenti che servono ad identificare gli utenti nel corso della loro navigazione. Ogni volta che un utente visita un sito gli viene assegnato un cookie anonimo e univoco, che ne permette l’identificazione e ne registra le azioni su questo sito.

    Ogni volta che l’utente torna sul sito utilizzando lo stesso browser, le informazioni salvate nel cookie vengono trasmesse al sito stesso al fine di migliorare la sua esperienza di navigazione.

    Esistono due tipi di cookie: cookie di prima parte e cookie di terza parte.

    Cookie di Prima Parte

    I cookie di prima parte vengono creati dal proprietario del sito e servono a tracciare le preferenze di navigazione e le azioni che l’utente compie sul sito.
    È grazie a questo tipo di cookie che quando l’utente torna su un sito già visitato può vedersi loggato in automatico o trovare il suo carrello già popolato.

    Questo tipo di cookie non sarà oggetto di deprecazione da parte di Google Chrome.

    Cookie di Terza Parte

    I cookie di terza parte vengono creati da domini terzi rispetto a quello del sito che l’utente sta visitando. Essi, infatti, vengono rilasciati da player esterni (come lo stesso Google Chrome, social media o altri fornitori di tecnologia) per riuscire ad acquisire informazioni sulle abitudini dell’utente e facilitarne la profilazione.

    L’utilizzo di questo tipo di cookie permette l’identificazione degli utenti cross-site, a patto che la navigazione avvenga sempre tramite lo stesso browser.
    I dati così ottenuti possono essere poi venduti agli inserzionisti che li utilizzano per sviluppare campagne pubblicitarie, anche di retargeting.

    La storia fino ad ora

    La prima regolamentazione relativa all’utilizzo dei cookie in Europa fa la sua comparsa nel 2016 con l’emanazione del GDPR (General Data Protection Regulation). Con questo regolamento, la Commissione Europea ha introdotto regole più stringenti sull’utilizzo dei dati degli utenti a fini commerciali e per il loro trasferimento al di fuori dell’Unione Europea. Chiaramente, la limitazione al trasferimento dei dati oltre i confini europei ha rappresentanto un grosso problema soprattutto per le grandi società tecnologiche come Google, Meta etc. i cui server sono localizzati in altri continenti.

    L’obiettivo principale del decreto è stato quello di limitare eventuali violazioni della privacy degli utenti, riportando questi ultimi ad essere padroni dei proprio dati. Esso ha anche l’obiettivo di limitarne l’eventuale identificazione.

    A seguito di questo decreto, alcuni browser hanno introdotto delle limitazioni all’utilizzo dei cookie di terza parte: Safari ha introdotto il blocco al loro utilizzo nel 2017, mentre Firefox li ha messi fuori uso a partire dal 2019. Edge, invece, dal 2020 permette agli utenti di gestire le autorizzazioni concesse ai siti.

    Fino ad oggi il problema è rimasto relativamente contenuto, anche per il fatto che questi browser rappresentano una quota minoritaria nel mercato globale:

    Source: https://gs.statcounter.com/browser-market-share#monthly-202209-202309-bar

    In un mercato occupato per i 2/3 da Google Chrome, il problema non aveva generato grande preoccupazione fino a che non è stato quest’ultimo ad annunciare la sua intenzione di non supportare più i cookie di terza parte.

    L’annuncio che Google Chrome non avrebbe più supportato i cookie di terza parte è arrivato nel 2020. Nel corso del tempo, però, questa data si è allontantata sempre di più.

    Inizialmente lo stop al supporto era previsto per il 2022, poi rimandato al 2023 e adesso è previsto per la seconda metà del 2024.

    Da allora è iniziata una vera e propria corsa per trovare una soluzione credibile che limitasse i danni per il mercato del digital advertising. Ad oggi, però, non esiste ancora una soluzione.

    Cookieless Ready: i problemi

    Con la deprecazione dei cookie terza parte, i digital advertiser si troveranno ad affrontare diversi problemi legati all’impossibilità di tracciare gli utenti cross site. Vediamo insieme quali saranno.

    Targetizzazione

    La possibilità di seguire il percorso dell’utente su un sito e attraverso la sua navigazione cross site permette agli advertiser di conoscere le sue preferenze ed i suoi interessi. Questo dà agli inserzionisti la possibilità di fare pubblicità mirata agli utenti, che a loro volta vengono esposti ad annunci per loro rilevanti.

    Risulta chiaro, quindi, che la rimozione di questi cookie determinerà il ricorso ad una pubblicità più generalista e meno calata sulle necessità degli utenti.

    Gli utenti, a loro volta, saranno esposti a pubblicità meno profilate e, pertanto, risulteranno meno ingaggiati.

    Retargeting

    Vista l’impossibilità di tracciare le attività degli utenti al di fuori del proprio sito, sarà anche impossibile raggiungerli con campagne di retargeting mirato. In altre parole, tutte le soluzioni fino ad oggi conosciute per adattare l’advertising al target di riferimento verranno meno (anche le soluzioni dinamiche) o almeno, tutte quelle che si basano su cookie terza parte.

    Per questo motivo, gli inserzionisti sono stati invitati a potenziare il loro tracciamento utilizzando soluzioni di prima parte, al fine di poter ancora sviluppare campagne rilevanti per il loro pubblico.

    Frequenza

    Non poter tracciare la navigazione cross-site di un utente impedisce di sapere se un utente ha già visto la stessa inserzione in precedenza. Ciò significa che in assenza di cookie di terza parte, i frequency cap impostati a livello di campagna non potranno effettivamente funzionare, portando gli utenti ad essere esposti alla stessa campagna un numero potenzialmente illimitato di volte.

    Misurazione

    In una situazione nella quale il tracciamento dell’utente non viene mantenuto nel suo spostamento tra le diverse properties online, misurare i risultati delle campagne diventa più complesso. Il tema della misurazione, già stravolto da un panorama digitale che prevede interazioni multi-touch e cross-device, diventa ancora più complesso.

    Non sarà più possibile utilizzare metodi di attribuzione che tengano in considerazione diversi touch point, come i metodi di multi touch attribution. Al contrario, emergerà sempre più la necessità di affidarsi a complessi modelli statistici ed econometrici che possano valutare l’impatto delle attività di marketing sugli obiettivi di business.

    Cookieless Ready: le proposte

    Ormai da alcuni anni, diversi provider si sono focalizzati sulla possibilità di trovare soluzioni alternative alla deprecazione dei cookie di terza parte.

    Ad oggi non esiste ancora una soluzione univoca e universalmente accettata. Quanto avanzato fino ad oggi resta essenzialmente nel campo della proposta piuttosto che della soluzione.

    Le proposte giunte si articolano principalmente in 4 ambiti. Vediamo quali sono.

    Dati di prima parte

    Con il venir meno della profilazione offerta dai cookie di terza parte sarà necessario puntare maggiormente sui dati proprietari che l’advertiser può raccogliere tramite le sue properties. Il sito web, ma anche canali 1 to 1 come l’email marketing, diventeranno una vera e propria fonte di informazioni sugli utenti, oltre ad un canale privilegiato per promuovere i propri prodotti.

    Se fino ad ora si puntava sul raggiungimento di utenti tramite comunicazioni personalizzate su domini terzi (anche tramite tattiche di remarketing), in futuro ci si dovrà confrontare con la possibilità di fare attività profilate all’interno delle proprie properties.

    In questo panorama assumono un ruolo centrale gli editori. In quanto proprietari dei siti/app dove avviene la pubblicazione delle inserzioni, possono mettere a disposizione dati da loro raccolti proponendoli come dati di prima parte.

    Privacy Sandbox: FLoC, Topics etc.

    Privacy Sandbox è un’iniziativa lanciata da Google per proteggere la privacy degli utenti, pur continuando a fornire agli inserzionisti dati utili per il digital advertising. Si tratta insomma dell’iniziativa proposta da questa big tech per buttare fuori i cookie dalla porta, facendoli però rientrare dalla finestra.

    Negli ultimi anni Google ha proposto diverse soluzioni, tra le quali spiccano senz’altro FLoC (Federated Learning of Cohorts), arenatosi nel 2022, e Topics.

    La tecnologia alla base di Topics API prevede che non via sia un tracciamento dell’utente o della sua identità.

    L’API ha il compito di associare ad ogni sito una categoria sulla base di una tassonomia predefinita. Quando un utente si collega al sito in questione, il browser registra il fatto che l’utente si è connesso ad un sito a cui è associata una certa categoria tematica (un topic, appunto).

    Le tematiche dei siti più frequentemente visitati vengono quindi raccolte e utilizzate per definire un profilo di interessi dell’utente. Il tutto però, avviene mixando questa lista ad altri interessi casuali, in modo che sia impossibile raccogliere informazioni sufficienti a identificare l’utente.
    Inoltre, per tutelare ulteriormente l’utente, Topics limita anche il numero di nuovi argomenti associabili in una settimana.

    La fase di testing di Topics è iniziata a metà 2023 con il roll-out su circa l’1% degli advertisers ed è ancora in corso. I risultati, pertanto, sono ancora in fase di elaborazione.

    LEGGI ANCHE: Come Privacy Sandbox aumenta lo standard della privacy negli annunci pubblicitari

    Universal IDs

    Con lo Universal ID si torna nell’ambito del tracciamento dell’utente con una modalità che prevede un maggiore consenso da parte di quest’ultimo.

    Questa modalità prevede infatti che gli utenti usufruiscano dei contenuti web solo a seguito di un login. In questo modo, ad ogni utente può essere associato un ID univoco che permette di identificarlo. Se il login avviene su più di un sito, la navigazione dell’utente può essere tracciata cross site, abilitando una pubblicità più profilata.

    Questa soluzione, che ad oggi è una delle più accreditate, pone però non pochi interrogativi. Tra i più importanti: quale dovrebbe essere il provider abilitato a fornire la tecnologia per il login? Su quale base dovrebbe essere scelto? E a chi spetta la scelta?

    Contextual Targeting

    Un ritorno alle origini quello proposto dal contextual targeting, che aggira il problema del cookieless evitando in toto il tracciamento dell’utente e focalizzandosi sull’ambiente.

    Tramite il contextual targeting, l’advertiser non utilizzerà più dati relativi alle abitudini degli utenti.

    Al contrario, posizionerà la sua inserzione in un ambiente (il contesto) che ritiene essere quello a cui il suo target è interessato e nel quale pensa di poterlo raggiungere.

    Per comprendere meglio la casistica, prendiamo l’esempio di un rivenditore di auto.

    La targetizzazione basata sui cookie di terza parte permette agli inserzionisti di raggiungere un utente interessato alle auto su siti di qualsiasi tipo, anche cross site.

    Quando Google Chrome non supporterà più i cookie di terza parte, lo switch al targeting contestuale permetterà non di raggiungere l’utente interessato alle auto, ma di posizionare il contenuto in un contesto ritenuto affine, che in questo caso potranno essere siti o app a tema automobilistico.

    Insomma, una bella gatta da pelare per tutti i marketers quella della deprecazione dei cookie di terza parte. Non sorprende, infatti, che la ricerca di una soluzione definitiva sia iniziata anni fa e non abbia ancora prodotto un risultato univoco.

    Ciò che è sicuro, però, è che la deadline del 2024 si fa sempre più vicina.

    In mancanza di una soluzione universalmente riconosciuta, è fondamentale che gli advertiser inizino ad interessarsi quantomeno alle proposte che sono state messe sul piatto, per non rischiare di arrivare impreparati.