In questa intervista a Sara Poma, Head Of Content&Community @DOING e docente del Corso Social Media Power di Ninja Academy, scopriamo quanto contino i dati nella pianificazione di un piano di contenuti per i social che aiuti a creare community rilevanti.
Piano editoriale: partire dai dati per arrivare alle persone
Oggi tutti sanno che anche per i social è necessaria la pianificazione e un piano editoriale. Ma da dove si comincia per progettarlo?
«La prima domanda da porsi sempre è
chi c’è dall’altra parte, qual è il suo
span di attenzione, quali sono gli argomenti che sono più rilevanti per queste persone.
È
un po’ come le cinque W del giornalismo (Who, What, When, Where and Why) ma applicate ai social media. Una volta che si ha chiara l’identità dell’interlocutore e le sue abitudini di fruizione, si possono costruire contenuti che abbiano senso per questa persona e inserirli in un piano editoriale efficace.
In questo processo, naturalmente, i dati, anche quelli apparentemente più micro e dettagliati, sono fondamentali».
Esiste un modello che possiamo seguire per non perdere di vista necessità, scadenze, pubblicazioni live etc.?
«Esistono diversi strumenti che aiutano a rendere il lavoro più organizzato ed efficiente.
Tool di project management come
Asana o piattaforme all in one come
Sprinklr o
Hootsuite, ma ce ne sono tantissime sul mercato, ognuna adatta ad esigenze particolari.
Ancora una volta però,
i dati, i trend, le ricerche di scenario sono fondamentali per creare contenuti rilevanti nel momento giusto e per inserirsi nel flusso delle conversazioni».
Come diventare rilevanti per le persone
Cosa significa creare una community sui social e quali vantaggi posso trarne?
«Nel 2019 parlare di community sui social media può apparire come una chimera o un’utopia, soprattutto su quelle piattaforme (Facebook in primis) governate dalla
logica del media.
Si tratta però di una chimera non impossibile, soprattutto se non si ragiona soltanto sulla grandezza della community ma sulla
qualità delle interazioni generate al suo interno. Tutti siamo potenziali creator e anche i brand possono – trovando la propria voce distintiva, mettendo il contenuto al centro o offrendo un servizio di assistenza davvero utile –
diventare rilevanti per le persone, infondendo un senso di appartenenza a un progetto».
Da dove parto per creare una community? È sufficiente aprire un gruppo su Facebook?
«Il mondo dei gruppi è sicuramente
un safe space per costruire delle relazioni di valore fra gli utenti. Non è detto comunque che sia facile e automatico creare un gruppo in cui gli utenti siano partecipi e attivi.
L’utente, ovunque si trovi, va stimolato con contenuti che possono generare un senso di appartenenza. E non è detto che non si possa creare community anche fuori dai social tradizionali o addirittura fuori dai social:
Reddit e Quora, in alcuni mercati, sono un esempio importante in questo senso.
Oppure, tutto il mondo dei
podcast, che sta crescendo a una velocità impressionante, è un contesto in cui creare
micro-community molto interessanti che possono poi sicuramente avere eco sui social».
In base alla tua esperienza, come è meglio comportarsi di fronte a troll e hater?
«Quando la polemica è sterile o ci si trova di fronte a chi usa un linguaggio violento e inconsistente come troll o hater
la miglior reazione è sempre ignorare».
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