L’attivista Jason Y. Ng ci ha raccontato retroscena e possibili sviluppi della protesta di Hong Kong
La libertà ha un prezzo e la gente di Hong Kong lo sa bene. Tra violenze e soprusi, i manifestanti sognano un futuro di libertà. Nel silenzio assordante dei Paesi occidentali, preoccupati più degli affari con Pechino che dei diritti civili
28 Novembre 2019
L’ombrello, simbolo della protesta di Hong Kong, utilizzato dai manifestanti per proteggersi dai gas lacrimogeni della polizia, stavolta non basterà alla Governatrice Carrie Lam per ripararsi dallo tsunami elettorale che l’ha colpita in pieno. Le votazioni per il rinnovo dei 452 seggi nei consigli distrettuali hanno visto infatti una vittoria schiacciante dei candidati anti-governativi: con il 90% delle preferenze e il 71% di affluenza, si tratta del risultato più clamoroso della storia di Hong Kong. A niente sono serviti gli appelli “patriottici” del governo e i divieti alla candidatura di Joshua Wong, il volto della protesta: il suo fedelissimo Kelvin Lam ha trionfato contro la sfidante filo-cinese Judy Chan che aveva definito i manifestanti “scarafaggi”. I consigli distrettuali, anche se hanno soprattutto un ruolo consultivo e minimi poteri amministrativi, rivestono comunque un fortissimo valore simbolico, di cui tutti dovranno tenere conto nei prossimi anni. LEGGI ANCHE:I giovani ribelli esistono ancora: dopo la liberazione di Joshua continua la protesta a Hong Kong
«La vittoria schiacciante del fronte pro-democrazia dovrebbe costringere il governo di Hong Kong a fare qualche esame di coscienza e a trovare il modo di venire incontro alle richieste dei manifestanti».Jason Y. Ng, attivista pro-democrazia, coordinatore del Progressive Lawyers Group, giornalista e autore di numerose pubblicazioni sul tema è un vero e proprio megafono dei diritti degli hongkonghesi. Joshua Wong ha scritto con lui il suo ultimo libro, che si intitola “Unfree Speech“, un manifesto globale per la libertà e la democrazia. Gli abbiamo rivolto alcune domande per saperne di più sulla protesta e sulla situazione attuale ad Hong Kong.
I am very excited to publish my first book with @jasonyng in English, Unfree Speech. It is an important and urgent manifesto for global democracy. https://t.co/avubIgg3gH” pic.twitter.com/uGprtzmwoF
— Joshua Wong 黃之鋒 😷 (@joshuawongcf) 4 novembre 2019
La posizione del governo cinese
Jason, quali pensi che saranno le prossime mosse della Cina, arrivati a questo punto? «Il Capo Esecutivo Carrie Lam ha già ammorbidito la sua posizione sull’istituzione di una commissione indipendente per indagare sui comportamenti illeciti della polizia, una delle cinque richieste del movimento di protesta». Quali sono le cinque richieste? Eccole qua.- Il ritiro della legge sull’estradizione (se applicata, avrebbe permesso di fatto la deportazione in Cina dei prigionieri politici).
- Il bando del termine “rivoltosi” per indicare i manifestanti.
- La caduta delle accuse contro i manifestanti.
- L’avvio di un’indagine indipendente sulle violenze della polizia.
- L’attuazione di un vero suffragio universale sia per il Consiglio Legislativo che per il Capo Esecutivo. Solo per il primo è prevista una (parziale, al 50%) elezione democratica dei membri. Il Capo Esecutivo è tuttora scelto direttamente da Pechino.
Il ruolo dell’Occidente
Qual è il ruolo dell’Occidente in questa crisi? Pensi vi sia una mancanza di coraggio nel non prendere una vera e propria posizione in difesa dei diritti di Hong Kong? «Noi hongkonghesi non siamo ingenui. Sappiamo che il supporto internazionale va e viene, a seconda dell’esposizione mediatica. Il sostegno da parte dei governi stranieri è ancora più sfuggente e spesso dipende da calcoli geopolitici ed economici. Detto questo, la presentazione dell’Hong Kong Human Rights and Democracy Act che è stato appena approvato dal Congresso degli Stati Uniti ed è ora è in attesa della firma di Trump, è una notizia davvero importante, non solo a livello simbolico. Se il Regno Unito e altri governi seguiranno le orme di Washington e voteranno delle sanzioni contro i funzionari del Governo di Hong Kong, sarà un modo per dare grande impulso al nostro movimento per la democrazia». La recente presa di posizione americana fa tirare un sospiro di sollievo ai manifestanti, lasciandoli meno soli. Il sostegno alla mozione è venuto sia da parte repubblicana che democratica, lasciando a Trump l’ultima parola, in un periodo delicato di negoziazione di importanti accordi commerciali. Il Presidente ha assicurato il proprio sostegno alla gente di Hong Kong e ha firmato la legge pro-manifestanti, mandando su tutte le furie Pechino.Trump signs bill backing Hong Kong protesters into law, in spite of Beijing’s objections https://t.co/Ij4jUhjVgN
— CNBC Now (@CNBCnow) 27 novembre 2019
This is a win for freedom and democracy over those who seek to silence and suppress. The people of Hong Kong have spoken. America stands with #HongKong. https://t.co/dBHu2FfFsO
— Senator Ted Cruz (@SenTedCruz) 26 novembre 2019
For months, the people of Hong Kong have taken to the streets to stand up for their rights. This weekend, they went to the ballot box and sent the powerful message that they want to keep their democracy—and Beijing must respect that. https://t.co/tEvUKsz0zu
— Elizabeth Warren (@ewarren) 24 novembre 2019