Free speech: perché censurare i media russi non è utile a nessuno
Intervista esclusiva a una giornalista di Sputnik Italia
10 Marzo 2022
“The return of history“: il Time ha definito così, con una delle sue copertine iconiche, la guerra in Ucraina.
L’immagine del carro armato sulla strada, con i giovani militari sopra, è un immediato richiamo ai grandi conflitti del passato.
C’è una generazione, la Z, che un tank non lo ha mai visto, nemmeno in TV. Nati dopo la guerra nei Balcani, troppo piccoli per l’Iraq e la Cecenia, hanno vissuto l’evacuazione di Kabul come un episodio lontano, difficilmente collocabile in un ricordo.
Cresciuti con l’idea della pace come elemento acquisito, il risveglio nel mezzo alla storia è stato brusco.
Quando la comunicazione diventa propaganda
La propaganda in tempo di guerra viaggia parallelamente al binario della censura e anche questo conflitto non si sottrae a questa logica. Era il 23 aprile 1999 quando, in piena Europa, un missile NATO sfondava il palazzo RTS, sede della Radio e della TV di Belgrado; lo scheletro dell’edificio è ancora là, integrato con i palazzi più moderni, come un drammatico monumento alla memoria.Eppure la propaganda russa è stata fermata, almeno all’interno dei paesi occidentali, grazie ad una vasta offensiva di censura partita dall’Unione Europea e accolta dalle Big Tech: Apple (App Store), Alphabet (con YouTube, Google News e Play Store) e Meta (Facebook, Instagram e le app di messaggistica) hanno interdetto i media russi (specialmente Russia Today e Sputnik) dalle loro piattaforme. Anche Tik Tok e Reddit hanno silenziato i canali di Mosca all’interno della UE. Lo stesso trattamento, se ricordate, venne riservato per l’ex presidente Trump all’indomani dell’episodio dell’assalto al Campidoglio.⚡️Russia strikes at TV tower in Kyiv.
Ukrainian TV channels stopped broadcasting several minutes ago. Photo: Ukraine NOW/Telegram pic.twitter.com/bdNW2EcyJ7 — The Kyiv Independent (@KyivIndependent) March 1, 2022
Tutti contro Sputnik Italia: chi ha paura delle voci alternative?
Abbiamo raggiunto e intervistato una giornalista di madrelingua italo-russa che lavora per Sputnik Italia. Ci ha chiesto di rimanere anonima, in quanto teme per la sua incolumità. Un timore comprensibile se pensiamo al clima di crescente ostilità che sta montando in Occidente nei confronti delle persone di nazionalità russa o vicine a Mosca.Fonte: Milinfolive (Telegram)
Elon Musk recentemente ha difeso i valori del free speech. Perché il vostro messaggio è ritenuto così pericoloso e, soprattutto, secondo te esiste una comunicazione giornalistica “tossica” che le persone non dovrebbero mai fruire? Il nostro media dava fastidio già da parecchio tempo, ancora prima di questa attuale crisi. Vorrei ricordare che nel 2016 l’Unione Europea aveva approvato una risoluzione presentata dalla polacca Fotyga che accostava sullo stesso piano l’ISIS e le notizie fornite dai media russi Sputnik e RT. Noi da sempre siamo stati visti di cattivo occhio dall’Occidente perché davamo spazio a punti di vista alternativi rispetto alla narrazione dominante nei Paesi europei sostenuta dagli Stati Uniti. Un conto sono delle risoluzioni, seppure assurde, promosse dagli euro deputati polacchi, che hanno posizioni molto ostili nei confronti della Russia, un altro conto è un blocco totale dei nostri canali, un atto di vera e propria censura. Il nostro messaggio non può essere ritenuto pericoloso, non abbiamo mai imposto niente a nessuno. I lettori dovrebbero essere liberi di consultare le fonti che preferiscono, è un loro diritto, che oggi l’Ue ha negato. L’unico aspetto «pericoloso» del nostro media è che proponeva una visione alternativa dei fatti geopolitici, ma ripeto, i lettori hanno il diritto di ricorrere alle informazioni e alle fonti che vogliono per avere più strumenti possibili e giungere alle proprie conclusioni. A mio avviso non esiste una comunicazione “tossica”. Esiste il giornalismo responsabile, quello che controlla le fonti e che svolge il proprio mestiere con rispetto nei confronti dei lettori. È quello che io e miei colleghi abbiamo sempre cercato di fare. L’Unione Europea, da anni in prima linea nella battaglia contro i nostri media, ha voluto istituire un «Ministero della verità», atteggiamento pericoloso per la libertà d’espressione. Non può esistere una commissione che decide cosa va letto e cosa meno, ciò che è giusto e cosa non lo è. Quali rischi possiamo intravedere in prospettiva in Occidente e quale sarà il futuro di Sputnik? L’oscuramento dei nostri media può essere solo l’inizio di una serie di altri provvedimenti preoccupanti anche nei confronti di colleghi europei e italiani. Già oggi vediamo come i professori, gli analisti e i giornalisti italiani che esprimono il proprio pensiero senza allinearsi al politicamente corretto e all’informazione «giusta» – per esempio quando criticano oggettivamente la politica espansionistica della NATO – vengono attaccati dagli ambienti universitari, allontanati o bollati come «filo-putiniani». Il pericolo che corriamo oggi è che non si possa fare dei ragionamenti critici liberi senza essere barbaramente etichettati. Il mainstream vuole che tutti si schierino da una parte o dall’altra senza fare troppi ragionamenti. Dietro ogni tema, ogni problema e ogni conflitto ci sono diversi punti di vista. Oggi confrontarsi, analizzare civilmente le questioni ha perso di valore, oggi prevalgono le tifoserie da calcio e le censure. Per quanto riguarda il futuro di Sputnik posso dire che la redazione continua a lavorare, perché è il nostro mestiere, noi andiamo avanti. Devo dire che sono stata inondata di messaggi e lettere di solidarietà da parte dei nostri lettori, che vogliono continuare a leggerci. Questo fa molto piacere.Starlink has been told by some governments (not Ukraine) to block Russian news sources. We will not do so unless at gunpoint.
Sorry to be a free speech absolutist. — Elon Musk (@elonmusk) March 5, 2022
Il dilemma della propaganda
Se siamo consapevoli in anticipo della faziosità di certi media, qual è il problema nella loro diffusione? Non sarebbe per noi più utile sapere cosa stanno dicendo, anche quando quelle informazioni risultassero per noi sgradevoli? I cittadini europei sono attrezzati per verificare le fonti, fruire delle notizie da vari media differenti e farsi una propria opinione su ogni tema: non si dovrebbe avere timore di questo, anzi si dovrebbe andare della direzione di incoraggiare la libertà e la pluralità delle fonti. Una società forte e libera non dovrebbe avere paura di nessuna voce dissonante per quanto fastidiosa, o perfino ripugnante, possa apparire per la propria sensibilità. Recentemente un magazine serbo ha dato addirittura spazio a un editoriale sulla guerra in Ucraina a firma di Radovan Karadzic, criminale di guerra tuttora all’ergastolo per le responsabilità nel conflitto in Bosnia dei primi anni ’90. La censura politica si intreccia con il problema dei social media e delle grandi piattaforme che, invece di ospitare ogni voce, recitano il ruolo di editori; un tema che torna prepotentemente attuale dopo i fatti delle elezioni americane 2020. Utilizzare delle circostanze di emergenza come pretesto per bandire alcune voci dalla pubblica piazza ci trascina verso un crinale inquietante e pericoloso per la libertà di opinione.Radovan Karadzic, convicted war criminal for his role in the Bosnian Genocide, publishes an op-ed in support of Russia’s aggression on Ukraine in the Serbian tabloid “Evening News”. https://t.co/JgH8BdSISo
— Arnesa Buljušmić-Kustura (@Rrrrnessa) March 6, 2022