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27 Novembre 2019
“Io faccio le cose non per i soldi ma perché mi interessano, perché vedo un problema e voglio trovare una soluzione. Come con i social: ho pensato, ‘chissà cosa succederebbe a un social senza ads‘, e così ho provato a realizzarlo”.A parlare non è Batman né qualche supereroe della Marvel, ma Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia. Ovvero della piattaforma che ha mandato nello stesso posto in cui sono finiti i dinosauri giganti come l’Enciclopedia Britannica. Come? Semplicemente cambiando il modello di business di un’idea consolidata, e mettendo tutto il potere in mano alle persone. E proprio dalle sue labbra, al World Business Forum 2019, ho sentito raccontare un’idea, un progetto, che mi ha dato i brividi. Una parola sussurrata, un concetto apparentemente minuscolo ma che può cambiare tutto: un social senza pubblicità. Questo è, alla base, il progetto a cui da due anni Wales sta lavorando, e che è stato in grado di passare in una settimana da 1.500 utenti a 25.000; e secondo quanto recentemente riportato dal Financial Times siamo già più vicini ai 200.000.
Perché se vogliamo considerare i social in qualche modo “il demonio del mondo”, la pubblicità ne è la mano destra. Almeno nella visione di Wales. È a causa della pubblicità, fonte di reddito su cui si basano i social tradizionali per poter mantenere la finta gratuità agli utenti, che i nostri dati vengono saccheggiati e venduti. È a causa della pubblicità che la qualità dei contenuti, di qualsiasi tipo ma in particolare quelli giornalistici, si è abbassata drasticamente a favore di notizie false e titoli acchiappa-clic. Togli la necessità della pubblicità, cambia il modello di business, e sanerai il sistema. È questa la promessa, e la sfida, di Jimmy Wales e della sua nuova società for profit, staccata da Wikipedia ma pur sempre figlia di una sua costola: il modello di business basato sulle donazioni.My new social network https://t.co/x4CpI3XgDz now has over 25,000 members and growing. That’s growth of 23,500 in a week. 1/
— Jimmy Wales (@jimmy_wales) 6 novembre 2019
“Il modello di business di Wikipedia è unico: non c’è nessun incentivo a far cliccare di più, non includiamo contenuti immondizia perché non ne abbiamo bisogno. L’unico incentivo è prendersi cura del lettore, della sua mente, perché questo porterà più donazioni. Paghi se pensi che Wikipedia sia utile per la tua vita”, ha spiegato Jimmy.Proviamo a prendere questo principio, applichiamolo ai social network: ecco a voi Wiki Social Tribune, o WT:Social. Un progetto utopico ma possibile, visto che basta un utente ogni 200 che faccia una donazione per renderlo sostenibile. Si può condividere ciò che si vuole, ogni giorno vengono create notizie e aggiornati i contenuti. Tutta la comunità ha totale controllo sulle notizie, come su Wikipedia, che si possono modificare o aggiornare. È tutto basato sul fact-checking, sia quello di chi scrive che quello di chi legge. Il fulcro della piattaforma sono quindi i contenuti di qualità, estremamente targettizzati e specifici. Non in base a ciò che decide un algoritmo, ma alla scelta degli utenti stessi: ognuno può iscriversi ai “sub-wiki” che preferisce e seguire gli argomenti che gli interessano. Qual è il prezzo, per poter partecipare a tutto ciò? Una donazione di 12 euro al mese o 90 annuali. Ma solo se vuoi: non si deve pagare necessariamente e si può cliccare direttamente su “next” per entrare. Essendo una fase di test, per ora è più importante raggiungere nuove persone, e per questo è possibile evitare il pagamento anche invitando almeno tre amici.
“Magari cambieremo il sistema, ancora non lo sappiamo; la cosa divertente è che siamo proprio all’inizio, lo abbiamo lanciato soltanto poco tempo fa. Iscriversi ora è la cosa più bella, perché ci sono tante possibilità di miglioramento visto che è un prodotto grezzo, e chiunque può parteciparvi”.
“Mark ha un grado di controllo sulle vite di milioni di persone che è inquietante. Non penso che voglia distruggere la democrazia, questo no, ma in qualche modo il suo modello di business rischia di farlo. Mark potrebbe fare un annuncio anche domani, dire che non accetterà più soldi dalle ads perché non è etico; potrebbe farlo e nessuno direbbe nulla, non perderebbe la sua posizione né presumibilmente iscritti al sito. Potrebbe facilmente cambiare il suo modello di business in favore di qualcosa di più sostenibile e rispettoso. Eppure non lo fa”.Ma secondo Jimmy, e non è l’unico a pensarlo, potremmo star finalmente arrivando a un nuovo gradino nella scala evolutiva digitale della nostra specie. Quella in cui gli utenti sono effettivamente disposti a pagare per la qualità di ciò che ottengono. Ormai le persone sono scettiche, non si fidano più dell’informazione gratuita, ne conoscono i pericoli e per questo riconoscono un valore economico ai contenuti di qualità. Effettivamente il giornalismo sta andando in questa direzione, con l’introduzione sempre più pervasiva degli abbonamenti. Ma anche in altri ambiti si sta nuovamente affermando l’idea, perfettamente lecita ma per qualche strano motivo dimenticata, che per la qualità sia necessario pagare. Basta guardare cos’è successo in campo musicale: dopo il periodo d’oro dei dischi, con l’avvento della musica pirata molti hanno smesso di pagare per ascoltare i propri brani preferiti, mandando un intero ecosistema in crisi. Oggi Spotify è riuscito a invertire la tendenza: certo, puoi avere la musica gratis, fai pure, noi non ti ostacoliamo. Però ti becchi la pubblicità, e cercheremo di renderla quanto più invasiva e fastidiosa possibile. Vuoi toglierla? Nessun problema, basta che ci lasci i dati della carta di credito. È il modello “freemium”, che sta davvero rivoluzionando il mondo dei servizi. E ora, anche quello del giornalismo. Perché quindi non quello dei social?
“Per garantire la salute dell’Enciclopedia Libera c’è una comunità davvero solida, in cui ogni partecipante si sente partecipe e vuole che il risultato sia il migliore possibile. Noi ad esempio non votiamo; non ci crediamo, sarebbe troppo difficile garantire la correttezza del voto, bisognerebbe stare molto attenti agli account falsi, etc. Per prendere decisioni, utilizziamo un altro sistema. Quando ad esempio dobbiamo decidere se cancellare un contenuto o meno, ci riuniamo e ciascuno dà la propria opinione supportata da motivazioni; sarà l’amministratore poi a decidere, in base non ai voti ma alla validità dei motivi”.— *Una versione precedente di questo articolo riportava che per accedere al sito era necessario il pagamento di 20 euro. Per poter accedere, la donazione di 12 euro al mese o 90 annuali non è attualmente obbligatoria.
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