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  • Woke Washing: cosa significa e perché devi evitarlo nella tua campagna di marketing

    4 Dicembre 2023

    Nella società contemporanea, le persone sentono sempre più l’urgenza di dover agire nei confronti di importanti temi sociali (dall’emancipazione femminile alla parità di genere, dal cambiamento climatico alla salute), influenzando così i brand perché prendano delle posizioni decise e chiare su argomenti d’attualità.

    cos'è il woke washing

    Secondo la ricerca “2022 Edelman Trust Barometer Special Report: the new cascade of influence”, il 57% del campione si aspetta che la posizione di un marchio su questioni sociali di rilievo sia ben definita.

    Inoltre, dalla ricerca emerge anche che non basta solo dichiarare la propria posizione, ma è necessario anche compiere azioni concrete nei confronti di temi sociali per essere sostenuti delle persone: il 63% dichiara infatti che vuole essere informato su quello che il brand fa per rendere migliore la società.

    woke washing - le persone vogliono essere informate

    Cosa succede, dunque, quando non c’è coerenza tra quello che un brand dichiara rispetto alle azioni che compie?

    Il rischio in cui si incorre è l’accusa di “woke washing”.

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    Cos’è il Woke Washing

    Il termine “woke washing”, in italiano tradotto con accezione negativa come “lavaggio di coscienza”, include le strategie di marketing che ‘sfruttano’ temi sociali delicati, dai diritti civili al rispetto dell’ambiente, solo per raggiungere i target di consumatori coinvolti e con scopi meramente commerciali, senza compiere azioni con un impatto rilevante nei confronti dei valori che si stanno comunicando.

    All’interno di questa categoria rientrano diverse declinazioni di washing: dal greenwashing, al pinkwashing, fino al rainbowwashing. Bisogna quindi valutare bene le cause da sostenere e comunicarle in modo coerente con la storia del proprio brand.

    Per riflettere sulla definizione di questo fenomeno, vediamo quali sono gli errori da evitare e le migliori azioni da intraprendere per i brand sui temi sociali grazie ai consigli di Pinterest. 

    Oggi è diventato più fondamentale che mai per i brand sostenere cause sociali

    I consumatori riconoscono sempre più i brand come parte integrante della società e, di conseguenza, si aspettano che, con la propria voce, possano contribuire a generare cambiamenti positivi.

    Secondo la ricerca “Corporate Activism: un’opportunità per il cambiamento sociale o solo una strategia di business?”, condotta dall’International Corporate Communication Hub in collaborazione con l’Università IULM, quasi la metà dei rispondenti (il 46%) vorrebbe che le aziende si esprimessero maggiormente sulle questioni sociali.

    differenze fra brand activism e woke washing

    L’alto coinvolgimento delle persone per gli argomenti di attualità, dovrebbe quindi esortare i brand a utilizzare le proprie risorse e piattaforme per assumere una posizione attiva in linea con i propri valori e aumentare la fidelizzazione dei consumatori che sostengono la stessa causa.

    Per esempio, la ricerca “The Psychology of Inclusion and the Effects in Advertising: Gen Z” condotta da Microsoft Advertising, evidenzia come la Gen Z sia particolarmente sensibile alle  tematiche di inclusione sociale, con il 69% che dichiara come le campagne pubblicitarie che rappresentano la diversità siano ritenute più autentiche.

    gen z e tematiche social

    L’impegno attivo delle aziende nei confronti di problematiche controverse di natura sociale, economica o ambientale è definito “brand activism”. 

    La differenza tra brand activism e woke washing

    Il confine che separa il concetto di “brand activism” da quello di “woke washing” sembra apparentemente sottile, eppure c’è una differenza sostanziale tra i due termini.

    Mentre infatti, come abbiamo visto, il “brand activism” prevede la partecipazione attiva dei marchi nei cambiamenti della società con azioni concrete volte ad aumentare la sensibilità nei confronti di questioni sociali rilevanti comunicate coerentemente con i valori del brand, nel caso del “woke washing” c’è una netta discrepanza tra la strategia comunicativa e le pratiche interne ed esterne del marchio.

    Bisogna essere prudenti soprattutto quando si cerca di cavalcare l’attenzione dei media durante momenti internazionali, come per esempio il mese del Pride, perché senza sostenere attivamente la comunità LGBTQIA+, la campagna di marketing verrà percepita come inautentica e rischierà di essere boicottata con accuse di “rainbow washing” (una delle possibili declinazioni del “woke washing”). 

    Pinterest, in occasione del mese del Pride, ha lanciato la campagna “Pride and Progress”, una serie di contenuti che ha coinvolto creator appartenenti alla comunità LGBTQIA+. La partnership si è rivelata vincente perché ha dato realmente voce ai protagonisti direttamente coinvolti, contribuendo così a consolidare la posizione di Pinterest sulle tematiche di uguaglianza sociale.

    La percezione del pubblico è infatti fondamentale per costruire una comunicazione positiva sul lungo termine.

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    Cosa fare prima di implementare campagne di marketing a sostegno di una tematica sociale

    In primis, occorre assicurarsi di agire a sostegno di cause sociali che siano coerenti con i valori del proprio brand. A Pinterest, per esempio, i temi di D&I sono sostenuti con innovazioni tecnologiche (come Body Type Technology) volte ad aumentare la rappresentazione online perché l’ispirazione parta proprio dall’inclusione.

    Inoltre, la trasparenza delle proprie motivazioni per l’avvio di una campagna sociale è essenziale per non essere percepiti come superficiali.

    Nel caso in cui una campagna sociale dovesse essere accusata comunque di “woke washing” è buona norma definire proattivamente una strategia di crisis management per non essere colti impreparati e mettere in luce la propria ‘buona fede’.

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