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  • AI e Content writing: rischi e opportunità dei testi artificiali

    24 Novembre 2023

    “Ciao ChatGPT, come cambierà Internet ora che l’AI scrive i contenuti che lo compongono?”.

    Un qualunque content writer, bravo nel suo mestiere, partirebbe da questa domanda per iniziare la stesura del suo articolo. Sarebbe ipocrita affermare il contrario.

    L’AI è entrata nelle nostre vite e nel nostro lavoro, e chiunque si occupi di creare contenuti per il web ormai utilizza, in una certa misura, questi strumenti. Se non lo fa, il problema non è tanto che perde un’occasione per aumentare la propria produttività, ma soprattutto perché rischia di continuare a lavorare per un mondo che sta cambiando profondamente. Così tanto che potrebbe addirittura smettere di esistere per come lo conosciamo.

    È vero, siamo tutti saltati sul carrozzone dell’AI, ma ci siamo chiesti quali saranno le conseguenze per Internet nel lungo periodo?

    Hanno ucciso il content writing?

    Il lavoro di content writing sta vivendo una trasformazione enorme con l’arrivo dell’intelligenza artificiale.

    Se fino a pochi anni fa sembrava ancora lontanissimo un mondo in cui le macchine sarebbero riuscite a scrivere esattamente come un umano, da quando ChatGPT ha fatto il suo ingresso nel mondo del pubblico mainstream abbiamo tutti dovuto ricrederci.

    Skynet è qui, almeno per quanto riguarda la creazione di contenuti. Perché la sua venuta ha avuto un impatto a cascata su tutto ciò che c’è dietro la scrittura, rivoluzionando il modo in cui i contenuti vengono creati, ottimizzati e distribuiti.

    Inutile girarci intorno: grazie all’IA è ormai possibile generare del tutto automaticamente contenuti scritti come articoli, recensioni, descrizioni di prodotti e molto altro, semplicemente partendo da una richiesta fatta a una macchina.

    Spesso non si tratta di testi sconclusionati, noiosi, privi di inventiva e di emozione che per lungo tempo ci hanno fatto dire “no dai, ancora non c’è rischio che una macchina ci rubi il lavoro”. No, questi testi sono umani. Parliamoci chiaro, non significa che siano belli ed efficaci.

    L’intelligenza artificiale impara da ciò che noi abbiamo creato e messo online nel corso degli anni, ha un’enciclopedia infinita di articoli di blog, post sui social e altri materiali esistenti sul web a disposizione, per studiarci ed emularci. E lo fa benissimo.

    Talmente bene che la sua scrittura riflette spesso ciò che si trova in modo preponderante sul web: contenuti mediocri.

    Scritti male, ripetitivi, fastidiosamente salesy, insomma tutto il content writing (e giornalismo) becero a cui ci siamo tristemente abituati negli anni.

    Chi provasse a far scrivere un intero articolo a ChatGPT (o ai suoi tanti bot-colleghi) si ritroverebbe tra le mani un testo sicuramente completo e scritto in maniera corretta, ma anche superficiale, ricco di luoghi comuni, ridondante, inutilmente pieno di connettivi. Insomma, un testo scritto dall’AI che emula (in modo superficiale) la scrittura umana mediocre.

    LEGGI ANCHE: Come design e moda stanno utilizzando l’Intelligenza Artificiale

    Come cambia la scrittura SEO con l’AI

    E quindi no, per fortuna ancora l’AI non è in grado di sostituire in toto gli esseri umani nella scrittura. Ma può fare tutto il resto.

    content writing AI

    Siamo già abituati da anni a vedere varie forme di intelligenza artificiale che popolano in modo crescente i nostri strumenti lavorativi. Se ci pensiamo, i SEO tools che utilizziamo ogni giorno per identificare le parole chiave, i competitor, valutare le strategie SEO on-page e off-page, sono tutti fortemente potenziati da una forma o l’altra di AI.

    Quello che è cambiato con le intelligenze artificiali conversazionali come ChtGPT è che questi strumenti sono usciti dalla “gabbia” del loro formato predefinito, che obbligava l’utente (o il content writer) ad adattarsi a loro, e sono entrati in una conversazione simile a quella che potremmo avere con un collega su Slack: “cosa ne pensi di questo, come faresti quest’altro” e così via.

    Oggi, infatti, le intelligenze artificiali specialistiche stanno esplodendo, ciascuna che offre un pezzo dell’equazione necessaria per la complessa realizzazione di una scrittura SEO efficace ed efficiente.

    Brainstorming per la valutazione delle idee, supporto nell’identificare i temi chiave, scrittura della scaletta o anche della prima bozza. O ancora, la creazione di contenuti su larga scala, variazione dei testi già creati, personalizzazione dei contenuti per i diversi pubblici.

    Con il giusto strumento SEO basato sull’IA, si può fare un’analisi predittiva delle tendenze di ricerca, identificare nicchie di parole chiave inesplorate, ottimizzare i testi per la ricerca vocale e mobile. E ovviamente rivedere i testi, migliorarli, fare editing con finalità specifiche, valutare la leggibilità e la capacità di engagement e migliorarle, per non parlare della possibilità di tradurre questi testi in tempi brevissimi.

    Tutte cose utilissime per creare il canovaccio grezzo da cui parte il content writer umano, il cui ruolo (per fortuna) rimane fondamentale per portare il testo a una forma finita, davvero informativa, che non sia un mero ripetere di concetti già letti e già sentiti.

    “La creatività, l’empatia e la capacità di adattamento sono qualità che solo una mente umana può portare nella scrittura” (frase fornita da ChatGPT, quindi vogliamo fidarci).

    Il lavoro dell’AI content writer

    Insomma i content writer non sono stati uccisi dall’AI, non tutti perlomeno.

    Quelli che hanno saputo reinventarsi, che non hanno avuto paura dell’intelligenza artificiale ma hanno iniziato da subito a esplorarne le capacità e i limiti, si sono ritrovati con un assistente, incredibilmente produttivo e instancabile, a disposizione. A tratti un po’ ottuso e smemorato, ma sicuramente utile.

    AI content writer

    A patto di saper riportare un tocco umano nella scrittura della macchina, che sappia ridimensionare le tipiche problematiche di un testo AI-generated quali:

    • una comprensione limitata del contesto, che può portare l’AI a fraintendere o “dimenticare” l’ambito e lo stile del testo, creando contenuti poco coerenti.
    • La mancanza della sensibilità culturale necessaria per scrivere testi che non siano inappropriati, fuori luogo o poco inclusivi.
    • La creazione di testi iper-ottimizzati, dove la componente SEO diventa innaturalmente ripetitiva e insistente, con conseguenze negative sia per i lettori che per i motori di ricerca.

    In generale i testi creati dall’AI sono buoni quando è buono anche l’input che ne determina la creazione (il “prompt“, ovvero il testo con cui si richiede alla macchina di scrivere una risposta).

    Un buon testo AI generated dipende anche dalla capacità del content writer che sa raccogliere i fili disordinati proposti dalla macchina per assemblarli nella tela finale, ordinata e puntuale.

    LEGGI ANCHE: Come costruire una strategia SEO partendo da zero

    L’impatto degli articoli AI-generated sulla SEO? Parola a Google

    C’è poi un altro tema, ovvero quello dell’impatto positivo o meno che questi testi generati dall’AI possono avere su una strategia SEO.

    Per un po’ infatti non è stato chiaro cosa ne pensassero i motori di ricerca, nella fattispecie Google, di questa novità. Sembrava che i motori di ricerca fossero pronti a dare battaglia ai contenuti realizzati dall’AI, come era stato in passato per tecniche SEO considerate sleali come il link building fraudolento.

    Solo a febbraio 2023 Google si è finalmente espresso ufficialmente in merito, con una vera e propria pagina informativa sulla gestione dei contenuti AI-generated ai fini del ranking.

    La politica è stata molto morbida, con un approccio che si basa letteralmente sul “premiare i contenuti di alta qualità, a prescindere da come siano realizzati”.

    Già da anni infatti i sistemi di ranking di Google mirano a premiare i contenuti originali e di alta qualità, cioè quelli caratterizzati da un linguaggio corretto, informazioni approfondite, e da tutte le caratteristiche racchiuse nell’acronimo EEAT (Experience, Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness).

    L’attenzione viene quindi posta anche in questo nuovo ambito sulla qualità dei contenuti, invece che sulla modalità di produzione: se i content writer umani continueranno a integrare il lavoro delle intelligenze artificiali per fornire quel tocco di esperienza, competenza, autorevolezza e affidabilità (riassumibili forse con la parola “umanità”), allora le indicazioni SEO rimarranno valide anche per i testi AI-generated.

    I motori di ricerca ai tempi dell’AI

    Abbiamo quindi capito che, dal punto di vista pratico, l’intelligenza artificiale non è una minaccia per il content writing e per la SEO in sé.

    Google Bard esempio

    Questo però è vero soltanto nella misura in cui Internet continuerà a esistere come è oggi, o meglio se lo faranno i motori di ricerca.

    Se guardiamo alla direzione che stanno prendendo Bing e Bard, questo è tutt’altro che certo.

    Microsoft infatti è stata la prima a lanciarsi nel business dei motori di ricerca potenziati dall’AI, assicurandosi già a febbraio l’integrazione di ChatGPT nel suo motore di ricerca Bing, annuncio che ha fatto schizzare velocemente gli utenti attivi quotidiani a 100 milioni.

    Anche se pare che la crescita non abbia davvero eroso quote di mercato al principale competitor, Google, quest’ultimo non si è fatto attendere e ha presto lanciato (in Beta) la sua versione potenziata dall’IA: Bard.

    L’integrazione dell’AI nei motori di ricerca ha cambiato enormemente le carte in tavola. Se prima, infatti, gli utenti dovevano fare affidamento ai contenuti pubblicati online per rispondere alle proprie domande, aprendo e leggendo uno o più articoli, ora, con questi chatbot conversazionali, è la stessa AI a fare un riassunto elaborato dei contenuti che trova online, proponendo una risposta fatta e finita alla domanda posta dall’utente.

    Ma cosa comporta tutto ciò?

    Sicuramente può essere più efficace per la risoluzione del problema con cui ci si rivolge al motore di ricerca. Non dimentichiamoci che questa soluzione pone tutta una serie di problemi tra cui:

    • la possibile non accuratezza dei risultati: il testo finale è un taglia e cuci di informazioni e contenuti presi da varie parti, con ovviamente una buona dose di inferenza da parte dell’AI nel confezionare una risposta. Chi si prende la briga di verificarne l’accuratezza?
    • Il tema del copyright: come si fa ad assegnare la paternità di un contenuto creato dall’AI a partire da vari contenuti umani? Di chi è il risultato, anche da un punto di vista economico?
    • Il potenziale declino del traffico verso i siti web: se i motori di ricerca forniscono una risposta diretta senza la necessità di approfondimento con i testi posizionati nella SERP, è ragionevole pensare che ci sarà un grave calo nelle views e nelle interazioni con i siti web posizionati…a tutti gli effetti annullando la SEO alla radice.

    Per quanto possa sembrare il punto meno importante, è quest’ultimo il più pericoloso per il futuro di internet come lo conosciamo oggi.

    La vera domanda è: Internet continuerà a esistere nel suo stato attuale?

    Questa situazione crea un circolo vizioso, tanto plausibile quanto paradossale.

    I creatori di contenuti vedrebbero infatti una riduzione significativa del proprio traffico web, poiché gli utenti ricevono le informazioni di cui hanno bisogno direttamente dai risultati di ricerca, senza dover navigare su un sito specifico.

    futuro di internet immagine

    Con meno traffico ci sarebbe un forte calo degli incentivi economici per produrre contenuti approfonditi, dato che la monetizzazione del contenuto web è spesso legata al volume di traffico che un sito è in grado di generare.

    Ma la presenza di contenuti di qualità è la condizione fondante per il funzionamento del sistema stesso dei motori di ricerca basati sull’AI, perché dipende proprio da questi per apprendere e fornire i risultati in risposta alle domande degli utenti.

    Senza un input costante di contenuti autentici e ben ricercati, la qualità delle risposte dell’AI finirebbe per soffrirne, portando a risposte meno accurate e utili. Ecco che il circolo vizioso è servito.

    L’AI integrata nei motori di ricerca è sicuramente il futuro di internet, ma come questo si delineerà è ancora da capire. Di sicuro porterà a un cambiamento radicale nel modo in cui consumiamo contenuti online, con un maggiore focus su risposte personalizzate e immediate.

    Ma come farà l’AI a dare credito (e incentivi) ai creatori di contenuti umani, di cui ha tanta necessità per sopravvivere? La domanda, al momento, resta aperta.

    Di certo i creatori di contenuti dovranno adattarsi, trovando nuovi modi per collaborare con l’AI e utilizzarla per migliorare la qualità e la pertinenza dei loro lavori, ma anche per mantenere la propria rilevanza agli occhi degli utenti.